IL PROGETTO
Trent’anni dopo, Donatella Massimilla festeggia l’inizio del proprio percorso artistico, culturale e sociale di Teatro d'Arte Sociale.
Il lavoro con una compagnia di donne detenute ed ex detenute tra le mura di San Vittore è stato l’inizio di un’esperienza artistica di serio recupero e trasformazione.
IN SCENA
Attrici detenute ex detenute artiste della compagnia CETEC Dentro/Fuori San Vittore fra, Olga Vinyals Martori e Gilberta Crispino.
FOTOGRAFO DI SCENA
MUSICA
Gianpietro Marazza
Tutto nasce trent'anni fa, quando Donatella Massimilla, dopo aver incontrato la scrittrice russa Julia Voznesenskaja esule a Monaco di Baviera, si innamora dell’idea di trasporre per la scena un suo romanzo, Il Decamerone delle Donne, che
raccontava di quando Julia era stata al confino in un gulag siberiano.
Julia, che da giovane era anche stata regista teatrale, affida al personaggio di Emma, regista a sua volta, l’idea di passare dieci giorni di isolamento raccontandosi a turno delle storie su grandi temi, dal primo amore ai soldi, dall’infelicità alla vendetta, dall’infedeltà alla felicità.
Dopo il debutto dello spettacolo al Teatro Verdi di Milano, Donatella Massimilla e Olga Vinyals Martori chiedono all’allora Direttore del carcere di San Vittore, Luigi Pagano, se,
potevano condividere con loro un percorso di ricerca e di sperimentazione teatrale.
Così, trent’anni dopo, volti, storie e talenti incontrati si incarnano in un nuovo affresco teatrale di donne non solo sovietiche, ma animate da colori e voci di tutto il mondo.
L’amore per un teatro che intreccia trame teatrali ai propri vissuti aiuta a condividere e ricordare, in modo comunitario e al femminile, le proprie storie e quelle di altre donne. Storie che donano emozioni, rinforzano dentro di noi la voglia di farcela e di ricominciare davvero.
Lo spazio scenico de Il Decameron delle Donne ruota, trenta anni dopo, attorno alla Rotonda del carcere di San Vittore e al cortile dove si svolgevano alcune prove del CETEC. La Russia che non c’è più, che non ha bisogno di fondali astratti, ma che rivive, come proiettata, su un vecchio telo bianco appeso al vecchio muro grigio di uno storico teatro, il Piccolo Teatro Grassi di via Rovello a Milano. Lenzuola usate, vissute, quelle di un ospedale isolato che potrebbe essere anche un carcere o una stanza da svuotare in fretta; dove solo delle valigie e una vecchia macchina da scrivere diventano compagne di viaggio per una donna in fuga dal passato.
Uno spazio vuoto con solo pochi oggetti necessari: lampadine ad incandescenza che scendono dall’alto, cinque panche di legno che, mosse dalle attrici, danno forma a spazi diversi, un catino per lavarsi e un attaccapanni per appendere i vestiti, in un reparto maternità sospeso, senza tempo.
sono le storie e l’umanità a darle vita.
Infine, per una condivisione ancora più duratura, il testo originario dello spettacolo è, nell’edizione dei Trent’anni dopo, arricchito da scritti e canzoni delle attrici detenute, in particolare di quelle che ancora non possono uscire in permesso. A far rivivere l’arco temporale dei trenta anni le immagini fotografiche di Maurizio Buscarino dell’‘89 e quelle di oggi di suo figlio Federico, Dentro e Fuori il carcere di San Vittore.
Il Decameron delle Donne oggi come allora ha
di un solo uomo, il Maestro Gianpietro Marazza, tra tante donne in palcoscenico; un autore di musiche di scena, per raccontare, attraverso una grande ballata e diversi momenti musicali, sfumature ed emozioni di ogni personaggio. Insieme alle danze, ai valzer, alle ninne nanne, già presenti nell’edizione ‘89, ascoltiamo oggi anche nuovi canti, i cui testi non sono altro che la voce interiore di attrici recluse. Un canto che attraversa le mura.
Il Decameron delle Donne
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Il Decameron delle Donne - 15 aprile 2021
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